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dei fatti de’ langobardi |
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menti, le trasmise a Costantinopoli. Indi l’imperatore restituitosi a Napoli, recossi per terra alla città di Reggio, ed entrato in Sicilia nella ultima indizione, si fermò in Siracusa, e travagliò il popolo (ossia gli abitatori, o dicansi piuttosto i possessori della Calabria, della Sicilia, dell’Africa, e della Sardegna) con tali oppressure, che mai più per lo innanzi non furono udite, tanto che le mogli dai mariti, e i figliuoli dai padri furono separati. Nè queste solamente; ma molti altri guai non più intesi patirono i popoli di quelle contrade, a tal segno che a nessuno non era rimasa più speranza di vita. Fin anco i vasi e i cimelj 1 delle chiese sante di Dio, per comando imperiale, e per l’avarizia dei Greci furono tutti involati. Questo imperatore stette in Sicilia dalla settima indizione fino alla duodecima: ma finalmente pagò A. D. 668. il fio di tante iniquità, poichè mentre si lavava in un bagno fu ammazzato da’ suoi2.
- ↑ I cimelj erano tesori, ossia vasi contenenti doni preziosi fatti alle chiese. Taluni intendevano per cimelj gli stessi oggetti preziosi conservati nei detti vasi o tesori. In greco κειμήλιον. Ved. Dufres. ad voc.
- ↑ Ciò fu in Siracusa. Il regicida fu Andrea Troilo, figlio di Situla, il quale lo soffocò, versandogli gran copia d’acqua calda sul capo. Così scrivono gli storici
greci e latini.