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libro v. capo ii. 9

stro signore io rimarrò in casa propria. Udite da costoro tali parole, e credendole vere, tutti si rallegravano, e sì a lui che a Bertarido (da loro creduto il servo, poichè avea il capo coperto per non essere conosciuto) diedero luogo, e li lasciaron passare. Intanto, essendo usciti que’ due, il fedelissimo cameriere, chiusa diligentemente la porta, solo rimase al di dentro. Unulfo poi calò giù Bertarido con una corda dall’angolo del muro, che guarda dalla parte del fiume vicino, e quanti più compagni potè ad esso riunì: i quali, pigliati i cavalli che trovarono al pascolo, nella stessa notte andarono alla città di Asti, dove trovavansi molti amici di Bertarido. Bertarido poi ratto passò alla città di Torino: indi tragittate le montagne che chiudon l’Italia1, giunse alla patria dei Franchi. Così Dio onnipotente, per sua misericordiosa disposizione, un innocente liberò dalla morte, ed il re, ch’era buono di cuore, preservò dall’offesa.

  1. L’originale: claustra Italiae.