te dei frutti della terra. In meno di settant’anni questo sistema artifiziale fu abolito, e si soggettarono i fondi stabili ad una dipendenza più semplice e solida. O il proprietario Romano era cacciato via dal più forte ed insolente suo ospite; ovvero l’annuo pagamento del terzo del prodotto si permutava, con più equo accordo, in una proporzionata cessione di terreni. Sotto il dominio di questi stranieri padroni, le faccende dell’agricoltura nella coltivazione del grano, delle viti, e degli ulivi erano esercitate con degenerata perizia ed industria dalla mano degli schiavi e dei natii. Ma le occupazioni d’una vita pastorale erano più confacenti all’indolenza de’ barbari. Nelle ricche praterie della Venezia essi ristorarono ed immogliarono la razza de’ cavalli, pe’ quali quella provincia era stata illustre una volta, e gl’Italiani mirarono con istupore una razza di buoi e di bufali. La spopolazione della Lombardia, e l’ampiazione delle foreste, somministrarono un vasto campo ai piaceri della caccia. Quell’arte maravigliosa che ammaestra gli uccelli dell’aria a riconoscere la voce e ad eseguire i comandi del loro signore era rimasta incognita al raffinato ingegno de’ Greci, e de’ Romani. La Scandina-