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libro vi. capo xxiv. 97

mj datigli da Ferdulfo. Ed avendo piantato sulla più alta cima del monte gli alloggiamenti, ove da qualunque parte era difficilissimo a loro accostarsi, il duca Ferdulfo sopraggiunto col proprio esercito cominciò a circuire lo stesso monte per potere pei luoghi più piani sopra di loro scagliarsi. Allora Argait, del quale or ora parlammo, disse a Ferdulfo: Ricordati, o duca, che dicesti che io sono poltrone e da nulla, e che con vile parola mi chiamasti Arga. Or dunque l’ira di Dio cada sopra quello di noi, che l’ultimo s’accosterà a questi Schiavi. Ciò detto voltò il cavallo per l’asprezza del monte, dove più malagevole era l’ascesa, avviandosi verso il campo degli Schiavoni. Ora Ferdulfo recandosi a vergogna se anch’egli per gli stessi disastrosi luoghi non fosse salito ad assaltare gli Schiavi, si prese a seguitarlo per tutti quegli scabri, difficili e dirupati sentieri. Parimente il suo esercito vergognandosi di non seguitare il suo duca, si mosse tosto dietro i suoi passi. Vedendo perciò gli Schiavi inoltrarsi i nemici su pei declivi della montagna, animosamente s’apparecchiarono alla difesa, e più colle pietre e co’ bastoni di quello che colle armi, contro di loro pugnando, gettategli da cavallo quasi tut-