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CAPO XI.

Morte di Narsete.

Ma Narsete ritornando dalla Campania a Roma, poco tempo dopo chiuse gli occhi alla luce; e il corpo di lui, posto in una cassa di piombo, con tutte le sue ricchezze fu trasportato a Costantinopoli1.

  1. Non tutti s’accordano gli antichi scrittori intorno alle circostanze e al luogo della morte di Narsete; credendo alcuni ch’egli sia stato richiamato alla corte d’Oriente e premiato con grandi onori. Questa opinione nacque dall’essere vissuto un altro Narsete (di cui fa cenno Corippo), il quale godeva a questo tempo in Costantinopoli della grazia dell’Imperatore. Pare però fuor di dubbio quanto narra qui sopra Paolo; cioè ch’egli sia morto disgraziato in Italia. Del suo valore e prudenza militare parlano abbastanza le imprese da lui mandate ad effetto. Delle sue particolari virtù, quanto ai tempi che correvano, si può dir molto bene: se non che la storia lascia travedere fra quelle virtù le passioni spregevoli di un uomo avaro e vendicativo. La ricchezza del tesoro da lui accumulato accusa le sue oppressioni e le sue rapine, e giustifica le ardite lagnanze del Senato Romano. Uno storico gravissimo vorrebbe porre in dubbio lo scellerato invito da lui fatto ad Alboino (Murat. ibid. pag. 472): Ch’egli giungesse a tanta iniquità d’invitare i Barbari in Italia, non è già evidente. Tuttavia le risposte di Narsete ai rimproveri di Giustino e alle contumelie di Sofia, sono prove troppo forti a danno della sua fama.