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dei fatti de’ langobardi |
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dalla parte orientale, dove si congiunge con la Pannonia, ha molto più larga e spaziosa entrata. Alboino dunque, come dicemmo, pensando fra se a qual comandante dovesse affidare sì fatti luoghi, deliberò di commettere la città Forogiuliana, e tutto il territorio di quella a Gisulfo (secondo che si dice) suo nipote, uomo ad ogni cosa abilissimo: il quale era già suo grande scudiere, ciò che nella propria lingua chiamano Marpahis1. Ma Gisulfo gli disse che non avrebbe accettato il governo della città e del popolo, se prima non gli avesse concesso quelle Fare, cioè generazioni o famiglie, ch’egli avesse scelte a suo piacimento2. Onde avvenne che, col consenso del re, rimasero ad a-
- ↑ Il latino è Strator: ed era colui, che ajutava il auo signore a montare a cavallo, e lo guidava. Certo è, secondo il nostro storico, che Strator corrisponde al Longobardico Marpahis, o per meglio dire Marhais (come leggesi in alcuni codici), col qual nome chiamavasi chi aveva la sopraintendenza dei cavalli. Bono Volcazio (Not. ad Warnefrid.) opina con un illustre erudito, che questo nostro Strator sia lo stesso che quello che i Francesi dicono Grand Escuier. Su questo appoggio io ho creduto bene di tradurre grande scudiere, il che s’accorda col Muratori che lo chiama cavallerizzo maggiore (ibid. pag. 476).
- ↑ Fara per generazione, stirpe, si ha nelle leggi Longobardiche. Ved. Dufresne Gloss. alla detta voce.