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libro ii. capo v. 71

peratrice Sofia, che non ardì più di tornarsene a Costantinopoli. A cui, fra le altre cose, poichè era castrato, narrasi aver ella mandato a dire che andasse nel Gineceo a dividere i lavori delle lane colle fanciulle. Alle quali parole si dice che abbia risposto Narsete: Esser egli per ordire ad essa sì fatta tela, che in sua vita non avrebbe saputo disfare. Pertanto dall’odio è dal timore agitato ritirossi nella città di Napoli, donde subito mandò un’ambasciata ai Langobardi, esortandoli ad abbandonare le miserabili campagne della Pannonia, ed a venire al possesso dell’Italia di ogni genere di dovizie ripiena. Nello stesso tempo fece loro arriva re varie specie di frutti, e diverse altre cose, delle quali l’Italia è ferace, affinchè da ciò gli animi loro allettati, affrettassero la venuta. I Langobardi esultanti accettano i lieti annunzj, da essi già tanto desiderati, e tosto si sollevano alla speranza de’ beni avvenire. Intanto sopra l’Italia si videro terribili segni notturni, poichè apparvero eserciti di fuoco nel cielo, quasi raffiguranti quel sangue che fu poscia versato1.

  1. Tutti gli storici, anche del tempo a noi non lontano, narrano di sì fatti prodigi. Lo stesso Machiavelli (Discorsi l. 1. c. 56.) racconta una visione