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libro i. capo xix. 35

ravi allora il monastero del beato Severino, che fornito d’ogni prerogativa di santità, avea sparso dovunque l’odore di sue virtù: del quale, benchè abbia dimorato in que’ luoghi fino all’estremo della vita, presentemente Napoli possede il corpo. Il detto Santo frequentemente con celesti ammonizioni esortava il testè nominato Feleteo e la moglie di lui a convertirsi dalle loro iniquità1; ma costoro schernendosi de’ suoi pii avvertimenti, incontrarono nell’avvenire ciò ch’egli molto prima ad essi aveva predetto: stantechė Odoacre, radunate le genti che al suo dominio obbedivano, cioè i Turcilingi, gli Eruli, e quella porzione di Rugi che da molto tempo teneva sotto di se, insieme coi popoli dell’Italia venne in Rugiland, e combattendo coi Rugi, li ruppe, gli sperse ed anco uccise il loro re Feleteo2. Devastata poi

    ce, nè altro domandò se non quello che avrebbe chiesto un filosofo: un angolo dell’Italia, ove passar tranquilli i suoi giorni. Se il vincitore Teodorico mancò alla fattagli promessa, e fra le feste e la giovialità di un convito lo ammazzò a tradimento, ciò volge in disonore il principio della gloria di un re sì famoso, e nulla toglie alla virtù d’Odoacre.

  1. Nella vita di s. Severino, scritta da Eugippio, si trova la esortazione fatta dal detto Santo al re de’ Rugi (Murat. ibid., vol. 3. pag. 249 ).
  2. Il Muratori (loco cit.) non è d’opinione che