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libro iv. capo xxxviii. | 231 |
valieri per esplorare il sito più facile all’espugnazione della città, Romilda l’adocchiò dall’alto dei merli; e vedendo ch’era nel fiore dell’età giovanile, tosto da libidine accesa quella nefanda bagascia gli mandò a dir per un messo, che se acconsentisse a prenderla in moglie gli consegnerebbe la città, con tutti quelli che v’erano dentro. La qual cosa avendo udito il re barbaro, con maligno inganno affermò di fare quanto avea colei domandato, e fece la promessa del matrimonio. Onde ella, senza indugiare, aperse le porte della città, e per sua mala fortuna e di tutta la gente ivi raccolta chiamò dentro il nemico. Entrati adunque in Forogiulio gli Avari col re loro, saccheggiarono
rata, si conosce sempre più di quale vastità e di quale importanza fosse quella città. A quell’epoca i Longobardi poteano averla bensì validamente munita, ma non già dilatata la circonferenza e rifabbricata da capo a fondo. Le storie non parlano che della stazione di Gisulfo in Forogiulio; e nulla dicono di edificazioni, che abbiano cangiato l’antica forma della città; il che prova abbastanza, che i nuovi ospiti aveano messo a profitto l’opera de’ Romani. Il Foro Giulio adunque de’ Romani fu totalmente distrutto da Cacano, come si legge più innanzi in questo stesso capitolo, e non fu se non dopo quell’epoca che affatto diventò Longobardo. Ciò viene a conferma di quanto s’è detto dell’antico Forogiulio nella nota 1. del cap. 14. del lib. 2.