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libro iv. capo xxx. 219

quanta innocenza! che neppure nella morte dei Langobardi, quantunque increduli, e guastatori di tutte le cose, non volle egli immischiarsi1.

  1. Fin da quando fu assunto al pontificato san Gregorio spiegò l’indole d’una de’ più grandi uomini che onorarono il mondo. Tanto più degno di sedere sul soglio di Pietro, quanto più mostrossi restìo nell’ascendervi. Ciò prova, che se aderì all’alto incarico, nol fece per se medesimo, ma mosso da santo amore pegli uomini. A questo unico fine egli immedesimò alla religione la politica e la morale, e diffuse il suo cuore su tutta la umana generazione. Per se non v’era che un pasto frugale: pei poveri tutte le sue sostanze. Ingegno di rara fecondità! col consiglio chiamò alla fede genti diverse di nazione e di lingue; coll’eloquenza mosse i popoli alla virtù; cogli scritti piegò i cuori dei principi, anche barbari e tiranni, alla umanità degli affetti, ed alla carità verso la Chiesa. Se tutto non poteva ottenere tentava il poco, purchè tornasse questo a salute anche di un solo uomo. Tale rettitudine di coscienza è usbergo che lo difende contro il rimprovero degli eretici, i quali lo accusano d’aver vilmente adulato Foca salito al trono tutto ancor lordo e fumante del sangue del suo signore, di cui il pontefice condannò i trascorsi. I vizj di Maurizio furono veramento nocivi all’impero: l’indicarli al suo successore era una gran lezione per esso, e il parlargli soavi parole era un ammansare la tigre, e diminuire il numero delle vittime. La dolcezza di sua natura è stampata nelle scienze e nell’arti belle, che chiamò a servigio della religione per utilità e diletto di tutti i cristiani. Edificatore di sacri tempi, ordinatore delle feste, e de’ riti sublimi del sacerdozio, restitutore dei tuoni dell’antica musica, fu Gregorio l’uomo, che