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8 | dei fatti de’ langobardi |
quanto per la pianura dei margini: adacquata dalle onde marine, che circondan le terre. Poichè adunque i popoli in quella stabiliti crebbero in tanta dismisura da non poter più tutti insieme abitare, si narra che tutta la moltitudine dividendosi in tre parti, abbiano tirata la sorte, qual parte dovesse abbandonare la patria, e andar in traccia di nuove sedi1.
CAPO III.
Ibore ed Ajone2 eletti duci de’ Vinili, ossia Langobardi.
Ciò fatto, quella parte cui toccò la sorte di allontanarsi dal suolo natìo, e di an-
- ↑ La soprabbondanza degli abitatori rendeva indispensabile l’emigrazione: ma l’abbandonare la patria era da tutti sentito come la massima delle sventure. Per quanto sia triste ed orrido il sito, non par più tale quando ivi è la patria: perciò Tacito stesso (ibid. 2.) esprimendo la naturale inclinazione di fuggire da regioni così inamabili, eccettuò questo caso, nisi patria sit. In tanta necessità era pure grande virtù il tirare la sorte, ed a quella tranquillamente adattarsi.
- ↑ Di questi due Capi parla s. Prospero in una cronica citata dal Muratori negli Annali d’Italia, sotto l’anno 379, nel qual tempo si cominciò in Italia a parlare de’ Longobardi.