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libro iv. capo xviii. 201

to e l’andamento del guerriero, da cui egli era stato difeso nella battaglia1. Onde allora si conobbe, che il beato martire Sabino gli avea prestato soccorso nei pericoli della guerra2. Morto poi il prefato Ariulfo, due figliuoli del duca Faroaldo suo antecessore, vennero a conflitto fra loro pel dominio di quel ducato, ed uno di questi, di nome Teudelapio, rimasto vincitore, ne assunse il governo.

  1. Ognuno può immaginare lo stato d’abbiezione in cui era la pittura a questi tempi in Italia. Pure da questo racconto si può dedurre che le immagini quivi dipinte non erano sempre tanto deformi quanto da alcuni si pensa. Ariulfo area veduto in quella pittura una rassomiglianza perfetta ad un guerriero a lui comparso in visione. Ed è pur da notarsi che il duca stesso, ancora pagano, avea parlato in tuono ridicolo dei santi venerati dal culto cattolico. A Costantinopoli le arti ancora si sostenevano con qualche onore (quantunque il vero gusto se ne fosse ito) e di là naturalmente veniano gli artisti a lavorare in Italia: perciò sarebbero da farsi più esatte indagini sulla storia dell’arte per meglio conoscere il verace suo stato in quei tempi. Ciò che io dico, potrebbe, se noi m’inganno, indebolire l’asserzione del Gibbon nel cap. 49. della citata storia, cioè che le immagini cattoliche, produzioni senza forza e rilievo, escite dalla mano de’ monaci, attestavano la estrema degenerazione dell’arte e del genio.
  2. Un filosofo che si fermi a considerare gli effetti morali operati sul cuore dal culto delle immagini, non potrà non condannare le rigide astrazioni