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libro iii. capo xii. 137

niano, tentò d’innalzarlo al trono. La qualcosa penetratasi da Tiberio corse rapidamente a Costantinopoli; e colta l’imperatrice, la spogliò di tutti i tesori, lasciandole soltanto il quotidiano alimento per vivere1. Poi segregata da tutti i suoi servidori, la circondò di altri sulla cui fede egli potea riposare, vietando che nè pur uno dei primi a lei potesse avere l’accesso. Quanto a Giustiniano lo rimproverò solamente con parole, anzi in appresso gli prese tanto amore, che promise al figliuolo di lui la sua figlia, e pel proprio figlio la figliuola dell’altro chiese per moglie. Ma questa cosa, non so per qual motivo, non fu mandata ad effetto. L’esercito di Tiberio da questi capitanato2 sconfisse valorosamente i Persiani, e

    dies jubemus esse juridicos, illos tantum manere feriarum dies fas erit, quos geminis mensibus ad requiem laboris indulgentior annus accepit, aestivis ardoribus mitigandis, et autumni foetibus decerpendis.
              Stazio nel libro 4. delle Selve:
         Certe jam Latiae non miscent jurgia leges,
         Et pacem piger annus habet, messesque reversae
         Dimisere forum, nec jam tibi turba reorum
         Vestibulo, querulique rogant exire clientes.
    Minuzio Felice nell’Ottavio: Ad vindemiam feriae judiciariam curam laxaverant. Era pur costume di far ferie anche dopo l’elezione dell’imperatore.

  1. Altri testi victum quotidianum et amictum.
  2. Il testo non è abbastanza chiaro, ma pare che