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libro ii. capo xxviii. |
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scudiere del re1 e suo fratello di latte2 della maniera di dargli morte. Costui persuase alla regina di trarre in questa deliberazione Peredeo uomo valorosissimo. Ma poichè questi ributtò le insinuazioni di costei a sì nefando delitto, si coricò ella di notte tempo nel letto di una sua damigella, che era la concubina del medesimo Peredeo; ond’egli ignaro della cosa venne e si giacque colla regina. Poichè fu consumato il delitto colei gli domandò: Chi credi tu ch’io mi sia? Ed avendo egli proferito il nome dell’amica la quale credeva che fosse, la regina soggiunse: Non sono colei che tu credi: io sono Rosmunda. E certo, o Peredeo, tu hai ora fatto tal cosa, per cui o tu devi ammazzare Alboino, o esser tu trapassato dalla sua spada. Allora conobbe il male che aveva commesso; e quegli, che volontariamente erasi rifiutato, fu per tal modo co-
- ↑ Schilpor al cap. 28. del lib. II. corrisponde al latino armiger, era questo uffizio dei più grandi personaggi. Di Narsete scrive Corippo, che fu port’arme di Giustino (Lib. 2.):
Armiger interea domini vestigia lustrans
Eminet excelsus super agmina vertice Narses.
Alcuni comentatori amano meglio di leggere schilphor, la qual voce è usata dai Germani.
- ↑ colluctaneus.