Pagina:Storia dei Mille.djvu/61


La formazione del piccolo esercito 47

navigazione nella sua Ungheria, tagliò l’istmo di Corinto; va ancora pel mondo gridando all’umanità la concordia, l’amore e il bene.

Ungherese come il Türr, un po’ più giovane di lui, aiutante anch’esso del Generale, v’era il Tuköry, che veniva ad offrir l’ingegno e la vita a quest’Italia, la quale, nel Cinquantanove, in certa guisa aveva disdetto
 
Tuköry.
la fratellanza di sventure e di speranze, che l’avevano legata fino allora alla patria sua. Diceva egli così senza raffaccio, ma con dolore. Egli aveva militato per la Turchia contro la Russia durante la guerra di Crimea, e si era trovato a difendere la fortezza di Kars contro quei soldati dello Czar che nel ’49 gli avevano rovinato la patria. Servire un barbaro per odio contro un altro barbaro gli doveva essere stato grande strazio; ma con Garibaldi a faticar per l’Italia era quasi felice. Però s’indovinava che era molto deluso del mondo, e morire come morì poi a Palermo non gli dovette parere amaro.

Poi c’era il Cenni di Comacchio, uomo di quarantatrè anni, avanzo di Roma e della ritirata di San Marino; uno tutto fremiti, che ad averlo vicino pareva di camminar col fuoco in mano presso una polveriera. Amico del Cenni v’era l’ingegnere Montanari di Mirandola, anch’egli avanzo di Roma, che aveva trentott’anni e ne mostrava cinquanta per la tetraggine che gli avevano impressa le meditate sventure del paese. Anche aveva