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L’Ordine del giorno 35

L’Ordine del giorno.


Dunque i due vapori navigarono via verso Piombino.

E tutto il 6 e la notte appresso e la mattina del 7, non ebbero incontri. I volontari che a poco a poco si erano messi al posto che ognuno aveva saputo trovarsi, o sopra coperta o sotto nelle sale dei vapori, passavano le ore dormendo, conversando, leggendo. Ma a mezza mattina quelli che stavano sul Lombardo, furono chiamati in coperta, dove dal ponte del comando fu loro letto l’ordine del giorno. Diceva così:

«La missione di questo corpo sarà, come fu, basata sull’abnegazione la più completa davanti alla rigenerazione della patria. I prodi Cacciatori delle Alpi servirono e serviranno il loro paese con la devozione e la disciplina dei migliori militanti, senz’altra speranza, senz’altra pretesa che la soddisfazione della loro intemerata coscienza. Non gradi, non onori, non ricompense allettarono questi bravi; essi si rannicchiarono nella modestia della vita privata, allorchè scomparve il pericolo; ma suonando l’ora della pugna, l’Italia li rivede ancora in prima fila, ilari, volenterosi, e pronti a versare il sangue loro per essa. Il grido di guerra dei Cacciatori delle Alpi è lo stesso che rimbombò sulle sponde del Ticino, or sono dodici mesi: Italia e Vittorio Emanuele, e questo grido pronunciato da voi metterà spavento ai nemici d’Italia.»

Quella lettura destò qualche mormorio qua e là tra le gente del Lombardo; ma la nobiltà di certe frasi e il nome del Generale che le parlava, imponevano silenzio