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Il 5 maggio 1860 31

terra mortificati, fors’anche a farsi arrestare. Oh quel Cavour! La voleva vincer lui!

Ma quando furono visti i fanali rossi e verdi dei due legni, e poi i legni stessi venir con già a bordo la gente che v’era stata imbarcata alla foce: quelle barche scoppiarono di grida di gioia. In un lampo vogarono ai due legni; e in meno di mezz’ora, chi sul Lombardo, chi sul Piemonte, quell’altro mezzo migliaio di uomini furono su, come ognuno seppe ingegnarsi; braccia, ganci, scale, corde, tutto fu buono a salirvi.


La partenza.


Bellissima fu l’alba di quella domenica 6 maggio 1860. Il mare, un po’ mosso durante la notte, si era chetato. Da bordo, a guardare indietro, si vedevano la collina del Bisagno, là, cupa nella fredda ombra; e lontano, profilati nell’azzurro, azzurri anch’essi, i monti lungo la riviera di ponente che sfumavano via via verso Savona fin dove se ne perdevano le forme. Le cittadette e le borgate di quella riviera biancheggiavano appena, e mettevano degli strani sensi di desiderio domestico nella gioia della partenza.

Ma quando i due vapori sbuffarono e si mossero, a vederselo dinanzi, là a prua, il promontorio di Portofino pareva dire: «Venite pure, oltre me lontana, molto lontana, sta la terra misteriosa, che andate a cercare.» Dalle navi, rispondevano all’invito quelle mille anime; vecchi amici, compagni d’armi che, cercandosi un posto a bordo, s’incontravano, si abbracciavano e: — Anche tu? e tu? e