Pagina:Storia dei Mille.djvu/25


L’agitazione per la Sicilia 11

d’Angiò, tutta devota ai Borboni. Egli unico di quella famiglia aveva dato il suo cuore alla patria. Dal ’49 era esule; nell’esiglio aveva conosciuto Mazzini e n’era divenuto l’apostolo. Nel 1857, doveva andar compagno di Pisacane alla impresa finita in Sapri; ma i barcaioli coi quali aveva aspettato il passaggio del vapore Cagliari, lo avevano mal servito, il vapore era passato, ed egli era ridisceso a Genova, a sentir poi la tragica fine dell’amico. Da allora aveva vissuto con quella spina nel cuore. Ora, d’intesa con Mazzini e con Garibaldi, partiva il 26 marzo su di un povero legno viareggino per l’isola sua. Garibaldi gli aveva detto che qual si fosse il suo destino laggiù, rammentasse che tutto vi si doveva fare in nome d’Italia e di Vittorio Emanuele. Pilo, repubblicano, aveva accettato il motto, ed era partito con Giovanni Corrao, anche questi siciliano, arditissimo uomo del popolo. Avevano navigato quattordici giorni, erano riusciti a sbarcar presso Messina, e s’eran messi a percorrere l’isola, annunziando Garibaldi.

Anche Cavour era ormai quasi convinto che non si poteva più lasciar la questione napolitana al tempo, ma gli doleva che Garibaldi e Mazzini si pigliassero col loro partito l’onore d’essere i primi. E perciò d’accordo col Fanti, Ministro della guerra non amico di Garibaldi, avea già fatto profferire al nizzardo generale Ribotti d’andar in Sicilia a capitanarvi l’insurrezione. Ribotti gli pareva uomo da ciò. Era stato al servizio della rivoluzione siciliana del ’48; per essa aveva tentato di portar l’armi in Calabria, era stato preso e condannato, e aveva sofferto anni di carcere dai Borboni. Ma Ribotti non aveva accettato. Forse indovinava che laggiù, solo il gran nome