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La calata a Palermo 173


Bisognava dunque passar oltre quel crocicchio infernale, e a un cenno di Garibaldi il passo terribile fu traversato, fu invasa alla corsa la via per la Fiera Vecchia. Piazza della Fiera Vecchia! Lì all’alba del 12 gennaio 1848, quel La Masa che ora conduceva i Picciotti aveva lanciato il suo grido di guerra quasi da solo, a piè di quella statua di Palermo che ora non v’era più, perchè la polizia l’aveva fatta levare. Ma era la piazza della Fiera Vecchia davvero quel largo? Non ci si vedeva nessuno, precisamente come nel 1848. Garibaldi quasi impallidì. Un cittadino, di tra i due battenti d’un uscio socchiuso, gli gridò: «Evviva!» Qualche finestra si aperse, qualche testa si sporse, ma gente non ne compariva nè con armi nè senza. Fu un istante da tragedia. Ma appunto per questo avanti! Garibaldi col suo Stato maggiore, preceduto dai più ardenti, seguito dall’onda de’ suoi si inoltrò per quelle vie deserte fino a piazza Bologni. Ivi smontò, e nell’atrio del palazzo che dà il nome alla piazza, si assise. Proprio si assise! Ora la sua tranquillità faceva quasi paura.

Giungevano intanto i suoi da tutte le parti con notizie diverse, confuse, assurde: giungeva Bixio a piedi con in pugno la spada spezzata a mezzo, furibondo, terribile. Veniva a pigliarsi venti uomini di buona volontà, per andare a farsi uccidere con loro al Palazzo reale. «Tanto, — gridava — tra due ore siamo tutti morti!» E già si avviava, già voltava l’angolo di via Toledo, quando Garibaldi lo fece chiamar indietro.

Garibaldi in quel momento era già quasi giulivo. Aveva riso d’un colpo che sfuggitogli da una delle sue pistole, gli aveva sforacchiato il lembo dei calzoni sopra