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158 | Storia dei Mille narrata ai giovinetti |
sentito sussurrare due volte, cioè che Garibaldi avrebbe sciolta la spedizione, lasciando a ciascuno la cura di mettersi in salvo da sè. L’ora correva triste.
Ma dopo aver marciato un pezzo e fatta notte, la Colonna fu menata fuor della via Consolare a piantarsi in un bosco, dove accampò. Il luogo era selvaggio. E ordine fu dato di non parlare, di non accender fuoco neppure per fumare, di sdraiarsi ognuno nel posto ove si trovava senza più moversi per nulla.
Si discusse molto per trovare se tutte le cose che Garibaldi aveva fatto nei due giorni avanti a quello, e ciò che fece nei due dipoi, siano state fasi d’esecuzione d’un suo concetto svolto con intenzioni ben determinate; o se tutta una sequela di fatti, non legati tra loro da verun concetto, e venuti quasi fortuiti ora per ora, l’abbiano condotto al resultato glorioso d’entrar in Palermo, nel modo, per dir così, favoloso con cui v’entrò. E così, soltanto a discuterlo, si disconobbe tutto il suo studio di quei giorni, che fu di trar da Palermo una parte del grosso presidio; illuder questo, creandogli l’opinione d’aver costretto lui a rifugiarsi co’ suoi lontano; illudere il Comando supremo della capitale, farlo sicuro ch’egli non tornerebbe, tanto che vigilasse meno e si lasciasse sorprendere. Certo nell’esecuzione di quel suo disegno vi furono dei momenti ne’ quali potè parere il disegno stesso non fosse ben fermo, nè Garibaldi lo contesterebbe. Ma poi, che contestare quando si sa come egli pensava e sentiva? La guerra non la faceva per gusto, e non era per lui nè scienza nè arte. Si trovava al mondo in queste nostre età, in cui essa è ancora uno dei mezzi per far trionfar la giustizia, e la faceva senza cercarvi nè