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150 Storia dei Mille narrata ai giovinetti

tervalli i gridi d’alerta delle sentinelle napolitane. Dalla testa della colonna veniva il nitrito d’un cavallo, insistente, selvaggio. A un tratto s’udirono due colpi di fuoco. Fu un fremito per tutta quella sfilata: forse l’avanguardia s’era imbattuta nel nemico. Ma poi non si udì più nulla. E sempre tirando avanti, passò la voce che quei colpi erano stati scaricati da Bixio nella testa del suo cavallo, per farlo smetter di nitrire; atto proprio da Bixio che aveva voluto far quella marcia del diavolo in sella. Era vero. Andando avanti, i soldati passavano vicino a un cavallo spianato là morto fuori de’ piedi.

Quando fu quasi l’alba, le Compagnie si trovarono a calare dalle ultime falde di quei monti su d’una grossa borgata. Pioveva ancora. Credevano d’aver camminato lontano, e invece la Conca d’oro era ancora lì davanti ad essi come quando stavano a Renda, solo che adesso la vedevano da oriente. Mirabile marcia! Garibaldi che per natura si ricordava così poco delle cose fatte, ebbe ragione quando, riparlandone dopo molti anni, disse che neppure in America si era trovato a farne fare una a’ suoi, somigliante a quella del Parco. E non un uomo si era perduto; qualche ritardatario aveva saputo serrarsi presto alla colonna; anche i cannoni erano venuti per quelle balze.

Ma in quale stato, povera gente! Il borgo di Parco sia lodato sempre pel modo come la accolse. Non ci fu casa che non si aprisse a ristorare qualcuno, a rasciugare i panni, a rifornirne chi non poteva più tener indosso i propri, ridotti in cenci, a rincalzare chi non aveva più scarpe in piede. Ma ancora più da lodarsi quel borgo, perchè si prese in seno tutta quella gente, e se la tenne