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Marcia notturna 149

facevano fretta ai passanti che pigliassero e andassero. Quei tre pani volevano dire tre giorni forse di marcia per le montagne. Erano dunque preziosi; onde i più dei soldati non sapendo dove se li mettere, inastate le baionette ve li infilzavano, e tiravano via col fucile in spalla sbilanciato a quel modo, celiando. Ma come fu notte chiusa e il sentiero venne a mutarsi in sterpeto, si fecero alquanto tristi. Sennonchè a un certo punto trovarono Garibaldi che tribolava a mandare avanti dei contadini, i quali curvi sotto lunghe stanghe portavano a spalle appesi a quelle i cannoni smontati, dieci o dodici per ciascun pezzo. E li esortava, e li metteva sul gioco di moversi ognuno con tutte le sue forze, li aiutava persino, e per insegnar loro come dovevano stare sotto la stanga ci si metteva egli stesso. In quel mestiere lo secondavano il Castiglia, il Rossi, il Burattini, i marinai del Lombardo e del Piemonte, già sin da Salemi formati in una piccola Compagnia.

Con quell’esempio la colonna sfilava, un uomo dietro l’altro oramai, chè per due non c’era più luogo. E cominciò una pioggerella che presto divenne fitta tra quelle tenebre, dando alla gente il senso di camminare nelle nubi. Ah le belle vie di Milano, di Venezia, di Genova, tutte inondate di luce, a quell’ora! I pani, inzuppandosi, cascavano giù dalle baionette, cascava qualche uomo a ogni passo; tuttavia si rideva ancora, ma, per dir così, d’un malinconico riso interiore. Metteva un po’ di sgomento il non veder più nulla, salvo dei gran fuochi indietro nel campo di Renda abbandonato, e un altro gran fuoco solitario avanti, lontano, verso il quale si accorgevano di marciare; mentre dal fondo, sulla sinistra, salivano a in-