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148 | Storia dei Mille narrata ai giovinetti |
a Garibaldi. Ed era morto, povero prode, con in vista la sua Palermo laggiù, sospirata dall’esilio per undici anni. Alla testa delle sue squadre rimaneva l’amico suo Corrao, uomo di gran coraggio ma incolto e di poco prestigio; e così con la gran figura di Pilo veniva a mancare una delle forze più vive della rivoluzione. Perciò si diffuse una gran mestizia, Garibaldi fu visto afflittissimo; e facilmente il pensiero de’ suoi passava da Pilo a lui, che da una palla poteva essere spento da un’ora all’altra.
E allora?
Marcia notturna.
Venne intanto la sera, una sera cupa che minacciava una notte di pioggia. Eppure le Compagnie furono fatte mettere sotto le armi e in marcia, di nuovo come il giorno avanti sulla via per discendere a Pioppo. Dunque Garibaldi si ostinava davvero a tentar Palermo da quella parte e con un attacco notturno? Fosse pure! Gli animi erano ben disposti, perché quello stare con la gran città alle viste e con le spalle mal sicure cominciava a diventar fastidioso. E marciarono. Ma là dove la via chinava, dove sul mezzodì avevano visto i cannoni in batteria, i cannoni non c’erano più, e le Compagnie invece di scendere, si videro fatte girar a destra per entrare in un sentiero che non poteva menare se non sulle creste di certi monti, dei quali nei due giorni passati nel campo di Renda avevano potuto considerare l’asprezza. All’imbocco di quel sentiero, soldato per soldato ricevevano tre pani da alcuni uomini, che agli ordini del capitano Bovi, bolognese,