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138 | Storia dei Mille narrata ai giovinetti |
della colonna scoppiarono canti lombardi, di quelli della regione dei laghi.
Quella era proprio la terra degna che vi fosse sbocciato uno dei primi fiori della nostra poesia, perchè tutto ciò che vi si vedeva ricordava la Rosa fresca aulentissima di Ciullo o di Cielo. Allora la variante non importava. E poi ecco Alcamo con le sue belle case e i suoi giardini coi muri passati dai palmizi, che si spandevano fuori torpidi nel caldo meriggio. Non poteva essersi dato che il delizioso Contrasto fosse avvenuto davvero con di mezzo uno di quei muri o la siepe d’uno di quegli orti? Tutto vi pareva così antico!
La città, quasi moresca d’aspetto, quasi mesta, era in festa religiosa, ma pareva allegrarsi a poco a poco, per l’arrivo di quegli ospiti d’oltremare. E poi si esaltò addirittura per un fatto quasi incredibile, di cui si parlava già sin dal giorno avanti in Calatafimi come di cosa avvenuta o da avvenire. Garibaldi si era lasciato indurre da fra Pantaleo a ricevervi la benedizione in chiesa. Egli schiettamente, semplicemente, in mezzo al popolo, si sottomise alla Croce che il frate gli impose sulla spalla, proclamandolo guerriero mandato da Dio. La scena fu un po’ strana, ma il Generale stette con tanta sincerità di spirito, che neppure i più filosofanti della spedizione trovarono nulla a ridire. Fu un lampo di misticismo sprigionato dall’anima di lui, formata d’un po’ di tutte le anime grandi che furono, e anche di quella di Francesco d’Assisi, dietro al quale, nato nel suo tempo, egli si sarebbe scalzato dei primi a seguirlo.