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112 | Storia dei Mille narrata ai giovinetti |
che fa la via calandosi nella valle; e Garibaldi, fermo ancora appena fuor da Salemi lassù, a quei che giunti a mezzo la china si volgevano a guardarlo, pareva librato nell’aria. Il popolo della cittadetta affollava il ciglio del monte attorno alle mura, e gridava a modo suo gli augurii a chi se n’andava.... Certamente quello sarebbe stato giorno di battaglia, e molti di quegli uomini che partivano non avrebbero veduto andar sotto quel sole che nasceva.
Coi Mille camminavano le squadre. Ed essi non già più così, ma le chiamavano Picciotti, dilettandosi in questo nome paesano che pareva l’espressione del confidente abbandono con cui quegli uomini si erano messi nelle mani di Garibaldi. Per vezzo chiamavano Picciotto qualcuno delle compagnie che avesse tipo più di meridionale: carissimi pel gran valore militare, ma dolci a ricordare anche per questa cosa da nulla, Ferdinando Secondi da Dresano studente di legge e Giuseppe Sisti da Pasturago studente di matematica, della compagnia Cairoli. Parevano proprio nati dalla più bella gente aristocratica dell’isola. Altri d’altre compagnie si erano fin vestiti da picciotti; bellissimo tra tutti Francesco Margarita da Cuggiono che col berretto frigio nero, con la giacca mezza fatta di peli e i cosciali pure fatti di pelle, pareva un tipo di baronetto da star bene in uno di quei feudi là intorno. Avevano smesso i panni di gala e i cappelli a cilindro, alcuni che s’erano imbarcati a Genova forse appena usciti dal teatro o da qualche salotto, e anch’essi vestivano alla siciliana.
Dal capo alla coda della colonna, correva come un fluido che fondeva sempre più in un sentimento di forza