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Di nuovo in mare 91

diceva ad un gruppo di quei suoi compagni che in quell’isoletta così bella v’era un carcere profondissimo sotto il livello del mare, dove stavano chiusi sette compagni di Pisacane sopravvissuti all’eccidio di Sapri. Condannati al patibolo e poi graziati, morivano ogni ora un po’ in quella fossa maledetta.

Ma il sentimento del pericolo presente, la maravigliosa vista delle cose in contrasto col disgustoso stato in cui tutti si trovavano, pigiati da tanto tempo su quel legno, non lasciavano quasi posto alla pietà per chi dolorava altrove. Del resto, l’ora era decisiva: o presto quei miseri sarebbero usciti liberi, o avrebbero avuto dei nuovi compagni.


La Sicilia!


Tutti intanto sui due legni stavano accovacciati per ordine severissimo dei Comandanti, ma tutti guatavano dall’orlo dei parapetti certi monti che dapprima parevano nuvolaglia e che svolgevano via nell’aria vaporosa i loro profili sempre più netti. Quei monti per quei cuori eran già tutta la Sicilia che si animava, che esultava, che cantava alla loro venuta. E poco appresso, quando cominciò ad apparire una striscia bianca tra mare e terra, si diffuse la voce che là fosse Marsala.

Marsala! Tra quella e i due vapori erano libere le acque. Che fortuna! Pareva che quella striscia bianca e tutta la terra movesse loro incontro, tanto la distanza si stringeva, tanto i due legni filavano agili, aiutati anche da un po’ di ponente che appunto allora si era messo. Dunque ancora forse qualche breve ora, e i due vapori