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40 CAPO XX.

teneva in suo potere parte grandissima della Sardegna con certa e stabile signoria. Il possesso di un’isola sì tanto ferace, copiosa di miniere, ed il cui regno vegetabile porge a un tempo e le piante dell’Europa temperata, e quelle dell’Affrica settentrionale, era al certo di moltissima importanza per Cartagine, se non altro per potervi cambiare a suo total profitto le proprie derrate contro legname, pece, ferro, e altre materie gregge abbondevoli in Sardegna, e di cui più maggiormente bisognava il comune cartaginese per le sue fabbricazioni navali. Onde non fa specie alcuna se non bastando la forza, adoperassero i Cartaginesi ogni più estremo spediente a soggettare e domare il feroce animo de’ Sardi. Con tal fine si vuol che usassero il crudel ripiego di disfare tutto ciò, che trovaron di colto nell’isola; d’estirparvi le piante; e di più vietare sotto pena capitale agl’indigeni la lavorazione dei terreni1: mezzo acerbissimo per cui tendevano i dominatori a mantenere i paesani suoi vassalli in continuo bisogno dell’alimento, perchè fossero miseri, poveri e deboli. Nè sicuramente più mite, o men confacente al sospettoso tirannico impero di mercatanti, sarebbe stato il loro dritto delle genti se, come dice Eratostene2, statuirono per leg-

  1. Auct. De Mirab. p. 1159.
  2. Ap. Strab. xvii. p. 552. E fu questo appunto uno degli odiosi pretesti, che allegava Catone, per muovere il senato ad occupare la Sardegna: negotiatores spoliabatis, et ut scelus lateret, mergebatis in mare. Cato ap. Appian. Bell. Pun. p. 85. ed. Toll.