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CAPO XX. 38

datevi dai Fenici, tra le quali Motia, Soloente e Panormo, mandandovi gente nuova ovunque elle erano decadute. D’allora in poi il dominio punico, fattosi ognor più prepotente, non cessò d’aver parte grandissima negli affari pubblici, fino a tanto che la Sicilia non venne a stato di provincia romana. Ma più che altro l’immenso traffico che facevano insieme Siciliani e Cartaginesi, permutando in grande le loro cose venali, era stato di moltissimo guadagno ad ambedue: ed è pur vero, che di Sicilia s’esportavano in gran copia per l’Affrica, e con largo profitto degli isolani, vini generosi, olj, e altre derrate1.

Maggior fortuna e splendore ebbero tuttavia le colonie greche che passarono in Sicilia dopo i Fenici, e vi tennero un più durevole e florido impero. Primi di tutti si furono i Calcidesi d’Eubea, fondatori di Nasso diciassette anni innanzi l’era romana2. L’anno appresso Archia corintio edificò Siracusa: e ad esempio loro altre generazioni di Dorj e Ionj vi posero l’un dopo l’altro sue colonie, che occuparono grande spazio delle marine all’intorno dei tre promontori, pe’ quali portava l’isola in bocca de’ Greci il nome di Trinacria. Di tal modo divenne presto la Sicilia quasi tutta greca: e fu tale e tanta l’ifluenza della civiltà e della lingua ellenica, che vi restò preponde-

  1. Diodor. xiii.
  2. Ol. xi. 1. a. c. 736. Ephob. ap. Strab. vi. p. 184.; Diodor. xiv. 55.; Thucyd. vi. 2.; Scymn. 271. sqq.