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308 CAPO XXVIII.

vano anch’essi di questi benefizi del commercio marittimo. Tanto che i Sabini per la via detta Salaria, che traversava l’alto Appennino, venivano a prendere il sale alla marina dei Pretuzj cambiandolo con derrate. Altri, come gli Umbri, cavavano il sale abbondantemente dal residuo delle ceneri di canne e di giunchi bollite nell’acqua1. In tempi di così grande immunità e franchigia di commercio assai limitate erano le gravezze imposte alla mercanzia, perchè pochi e scarsi i bisogni del pubblico erario: il dritto e pedaggio d’entrata o d’uscita nei porti, e al passo de’ fiumi e de’ ponti2, comprendeva l’imposizione unica che gravava la merce: nè già i Romani inventarono questa sorta di dazio, ma ben lo trovarono stabilito per antico, e lo mantennero presso i socj latini e italici quale ordinario tributo. La moderazione delle imposte s’avea massimamente per una delle principali condizioni del buon governo. Anzi, per provido ammonimento della dottrina etrusca fulgurale vigile a tutte cose, uno dei segnali più certi che manifestava alle genti l’ira divina era giusto l’acerbità delle gabelle3.

La moneta, invenzione asiatica, s’introdusse di buon’ora fra i nostri popoli trafficanti. E quanto ne

  1. Theophrast. ap. Plin. xxxi. 7.; Aristot. Meteorol. ii. 3. p. 558.
  2. Portorium.
  3. Omnium autem gravissimum erit vectigalium pubblicorum acerba exactio.... omni modo numinis ira manifestabitur. De fulgurali discip. vet. comm. ap. Lyd. de Ostent. p. 185.