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CAPO XXVIII. 307

niche e saioni di grossa lana, detti ligustici1: così dopo il mille le telara genovesi fornivano cappotti e berrette ai marinari non pure d’Italia, ma d’ogni altra gente. Ed è pur fatto singolarissimo e certo, che in quella medesima età l’esportazione de’ panni lani, del ferro, pece e legnami, fosse a un pari la più ricca vena della mercatura delle repubbliche marittime italiane. Dava in fatti l’arte del lanificio abbondantissima materia di permute anco ai Veneti, a’ Sanniti, ai Pugliesi2, e ad altri popoli industri dell’Italia inferiore, che allevavano molto numero di animali lanuti: ed i Frentani unitamente con altri comuni del Sannio, mediante i porti di Aterno e d’Ortona in sull’Adriatico, facean pure regolati traffichi coll’Illiria e l’Epiro. All’opposto i Bruzzi traevano grandissimo guadagno per lo spaccio dell’ottima pece e del catrame, che manipolavano nella ampia selva Sila3: materia di abbondante consumo, la quale usavasi più maggiormente ad imbrattare le navi.

Di tal maniera il commercio più lucrativo si comunicava dovunque dalle spiagge al centro, e da questo al mare. V’erano strade ad uso pubblico che facilitavano queste comunicazioni tra un luogo e l’altro: strade selciate e solide, come si vede tutt’ora in molte parti interne. I montanari stessi più riposti partecipa-

  1. Λιγυστινοί τε χιτῶνες καὶ σάγοι. Strabo l. c.
  2. Strabo v. p. 147. 151.; Liv. viii. 46.; Martial. xiv. ep. 143. 152.
  3. Strabo vi. p. 180.; Dionys. Epit. xx. 5. 6.; Plin. xvi. 11.