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302 | CAPO XXVIII. |
schi1; i quali per certo non cedevano a verun altro nella pratica dei migliori metodi, che usavano i marinari a ben indirizzare la via secondo alcuna stella, non che a giovarsi delle correnti del vento, tutte volte che dal bisogno erano forzati a mettersi in alto mare. Quindi è che copiose di navi da carico, di legni sottili e di galee2, ben poterono le città maggiori della costa occidentale, sopra tutte le altre d’Italia fortunatissime3, mantenere lungo tempo con più o meno di ventura quella superiorità navale, che già procacciava ai loro maggiori il vanto di assoluti dominatori del proprio mare tirrenico4.
Il commercio marittimo s’estendeva pure d’ogni banda per tutti i paesi d’intorno al Mediterraneo: principalmente nelle parti d’occidente, nell’isole, e nel circuito dell’Adriatico. La materia di questi lu-
- ↑ Plin. l. c. Che i Greci non adoperassero anticamente nè l’ancora bidentata, nè il rostro, lo deducono i filologhi dal silenzio d’Omero, che tuttavia descrisse qualunque altre cose navali. Vedi tav. cx. cxi. cxv. 8.
- ↑ Ecco in che modo Filostrato (Icon 29) descrive la galea piratica tirrena che inseguiva Bacco: aveva sporto in fuori da l’una e l’altra parte della prora certi legni a guisa d’orecchie atti a ferire: era armata di rostro: avea mani e uncini di ferro, co’ quali s’afferravano i navigli: faci accese nella notte ec. — Non diversamente era terribile a vedersi, dice Palefato, la nave tirrenica e piratica Scilla, da cui venne il mito. De incr. hist. 21. Quale fosse la più usata specie delle navi tirrene vedasi per le figure tav. ciii. 2. 3.
- ↑ Εὐδαιμονούσαις μάλιστα τῶν ἐν Ἰταλίᾳ τότε. Dionys. iii. 46.
- ↑ Τυῤῥηνοὶ θαλαττοκρατοῦντες. Diodor. v. 13.