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296 CAPO XXVII.


Dall’Etruria in fuori assai diverso era il modo dell’architettura militare. Murate chiama Virgilio Laureato, Antenna, e Ardea nei Rutuli, prima che fosse Roma1: però rapportandoci alle storie medesime di Livio si conosce apertamente la debolezza di coteste munizioni, dacchè qualunque terra del vecchio Lazio, o degli Equi, o dei Volsci, raramente potea resistere all’impeto d’un grosso e violento assalto, quando, circondata a un tratto la piazza a guisa di corona, riusciva appoggiar le scale e salire in sulla muraglia2. Con tutto ciò miglioratasi in tra questi medesimi popoli la forma della difensione per più avanzata civiltà, anche l’arte di fortificarsi si ritrovava in buono e gagliardo stato, come si vede per gli avanzi di non poche città situate per le montagne, cominciando da Preneste insino ad Alba nel paese dei Marsi. Dove da per tutto si rinviene la stessa costruzione di muraglie con smisurate pietre tagliate a poligoni irregolari di cinque, sei e sette lati, connesse fortemente insieme senza calce o cemento alcuno. Uguale edificazione di mura hanno le città del Sannio, e d’altre limitrofe regioni nel centrale Appennino: per lo che discorrendo altrove a proposito intorno a ciò ho già manifestato essere cotesta maniera di fabbricazione, al mio parere, un’antica opera italica usata nei tempi vetusti, e se-

  1. Turrigerae dice Antenna il poeta: dove chiosa Servio bene muratae. vii. 631.
  2. Oppidumque corona circumdatum scalis captum. Liv. iv. 47 et alibi.