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292 CAPO XXVII.

menti militari da fiato romoreggianti1. Vuolsi oltr’a ciò giustamente lodare il saggio intendimento, per cui gli Etruschi a tanti studi di milizia sapean riunire tutto quanto può la forza e l’energia morale. Di qui è che facevano onore ai prodi e valenti di corone d’oro, fra le quali era più riputata la corona specialmente chiamata etrusca2, fregio una volta dei Lucumoni3, e che veniva sostenuta per maggiore orrevolezza sopra il capo di chi trionfava. Se diamo fede a Floro anche il trionfare in cocchio dorato a quattro cavalli fu costumato in Roma secondo l’usanza toscana con magnifica pompa4: però, conforme al costume più antico, il trionfatore a piede portava egli stesso il trofeo5.

Sì tanta era la bravura e l’intelligenza per cui generalmente i nostri popoli disponevano a’ loro fini, secondo l’ordine della ragione, le cose della guerra. Ed è per certo notabilissimo fatto, allegato ancora dai filologhi, che l’armi stesse per esso loro adoperate, sia per batter da lungi il nemico, sia da vicino,

  1. Che fossero questi bellici strumenti insegna Vegezio: tubicines, cornicines et buccinatores, qui tuba vel aere curvo, vel buccina committere praelium solent. ii. 17. Vedi tav. cxiii. 7, ed i Monumen. dell’Italia ec. tav. xxxiv. xxxv.
  2. Plin. xxxiii. 1.; Tertull. de corona mil. 13; hoc est coronarum gemmis et foliis ex auro quercinis.
  3. Dionys. iii. 61. 62.
  4. Flor. i. 5. conf. Appian. Punic. p. 58. 59.
  5. In questo modo vedevansi figurate le immagini stesse di Romolo. Plutarch. Romul.