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286 CAPO XXVII.

della medesima stirpe osca adopravano tonde e ferrate mazze, che vibravan lontano con una stringa, laddove da vicino coperti di breve scudo ferivano con spade ritorte1. Usavano del pari i Lucani scudi di vimini ricoperti di cuoio: quelli de’ Marsi da imo a sommo erano molto grandi2: i Bruzzi all’incontro impugnavano piccolo scudo rotondo3; ed i Liguri scudi brevi e leggieri di rame, detti latinamente con proprietà ligustini4: di tanto quest’arme difensiva appariva variata, così nella materia, come nella forma e negli emblemi, secondo che s’addiceva alla fortuna più o meno avanzata del popolo. Assai diversa perciò dall’armatura rusticana dei tiratori Equi e degli Ernici, aventi celate fatte di scorze di suveri, o di pelli d’orso e di lupo5, era quella dei sagittarj etruschi armati alle spalle di turcassi, di frecce e d’arco6.

  1. . . . . . . Teretes sunt aclydes illis
    Tela: sed haec lento mos est optare flagello.
    Laevas caetra tegit: falcati comminus enses.

    Virg. vii. 730.; Serv. ad h. l.
  2. Festus, v. Albesia scala.
  3. Festus, v. Bruttianae parmae. Tale foggia di scudo si vede scolpita nelle loro monete.
  4. Strabo iv. p. 140.; Diodor. v. 39. Scuto ligustino. Liv. xliv. 35.
  5. Tegmina quis capitum raptus de subere cortex.

    Virg. vii. 742., Idem 668.; Sil. iv. 561.
  6. . . . . . . quis tela, sagittae,
    Corytique leves humeris, et letifer arcus.

    Virgil. x. 168. Vedi tav. xxx. 1.