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CAPO XXVII. 283

vano essere molto alti, qual difesa delle gambe intere dal malleolo sino alla parte superiore del ginocchio1. Assai più variate nella forma erano le armature del capo, diversamente guernite o di visiere, o di nasali, o di pezzi che difendevano le gote; e, come si vede per copia di monumenti, in sulla cima degli elmi s’adattavano alle creste e pennacchiere, sì che i fanti apparissero in più nobile aspetto. Più propria dei veliti era la casside etrusca, celata di metallo liscia e disadorna senza cono, la qual passò col nome stesso ai Romani2. Poco diversa era l’armatura delle fanterie d’altri popoli nulla meno disciplinati nelle cose belliche. Sabini3, Volsci4 e Sanniti5, adoperavano al pari armi inastate d’infallibile colpo, fatte di duro frassino, di mirto e di corniolo6. Tutti con fasto uguale, ancorachè sì semplici nella vita ordinaria, amavano a un modo lo sfarzo e la beltà nelle armi: nondimeno senza la precisa descrizione fattane da Livio nessuno crederebbe possibile che i Sanniti, dopo tante

  1. Vedi tav. cxiii. 10.
  2. Fest. v. Cassilam.; Isidor. xviii. 14. Vedi tav. cxiii. 9.
  3. Curis est Sabine hasta. Festus.; Ovid. Fast. iv. 477. Macrob. Sat. i. 9.; Serv. i. 292.
  4. Volcosque verutos. Virg. Georg. ii. 168.
  5. Pila manu saevosque gerunt in bella dolones;
    Et tereti pugnant mucrone, veruque Sabello.

    Virg. vii. 664.; Festus v. Samnites.
  6. At myrtus validis hastilibus, et bona bello

    Cornus. Virg. Georg. ii. 447.; Aen. ix. 698. Et fraxinus utilis hastis. Ovid. Met. x. 93.