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CAPO XXV. 263

ecco senza più la ragione per cui tante idrie corintie ed altri vasi dipinti della stessa maniera arcaica, e con i medesimi nomi d’artefici, si vanno ritrovando di luogo in luogo tanto nei sepolcri di Vulci, come in quelli di Sicilia e di più luoghi della Magna Grecia1. Forse a trenta nomi tra vasai2 e pittori3, si leggono finora sopra i vasi della più nobile specie tratti fuori della necropoli di Vulci4: sono essi, a quel che pare, artefici valenti per la maggior parte di una medesima e unica scuola; sì tanto è uniforme l’artificio loro nella fazione pittorica e nel meccanismo della ruota: altri, siccome i pittori de’ vasi a figure rosse in campo nero, appaiono non pure artisti di un’età posteriore ma di un’arte più raffinata5. Sicchè può aversi per cosa certa, che tra i vasi volcenti, quelli che in molto numero si possono dir greci veramente, e venuti di fuori, appartengono ad epoche diverse, e fors’anco a’ figuli dell’Attica o d’altre scuole. Dal primo al terzo secolo di Roma la pompa e il lusso

  1. Tal è il vaso siculo col nome di Talide (Lanzi, de’ vasi ant. p. 147. tav. iii); l’altro col nome di Nicostene trovato in Agrigento (Mus. Blacas tav. ii.), e quello ancora col nome di Archicle tratto dagli scavi di Campania (Mus. Blacas tav. xvi): tutti artefici che si ritrovano nominali in vasi volcenti d’arie e fattura identica.
  2. Ἐποίησεν.
  3. Ἔγραφσεν.
  4. V. Museum Etrusque de L. Bonaparte p. 5-10. Bisogna aggiungervi altri nomi noti: Xenoclis, Archicles, Sosias ec.
  5. Vedi per confronto le tav. xc. xciv.