di Cere, che al dir di Plinio aveansi per anteriori alla fondazione stessa di Roma1. Più pregevoli per il colorito, che non per disegno, tenean forse del far di Giotto o di Simone da Siena. Ma per argomentar meglio da fatti e cose certe, abbiamo nelle pitture stese sopra le pareti dei mentovati ipogei non ispregevoli saggi dell’arte etrusca. Tali pitture, benchè tutte insieme mediocri e per composizione e per disegno, pure fan conoscere appieno, che i maestri adoperavano con buona pratica del modo di colorire, e con franchezza pittoresca. Quivi si ravvisano conviti funebri, bighe o quadrighe, ludi ginnastici, zuffe di gladiatori, buoni e mali genj, figure danzanti e sonanti, animali mostruosi, ed altre finzioni simboliche, tali quali si veggono figurate in opere di rilievo: cose tutte correlative ai misteri, e alla dottrina etrusca su la vita e lo stato delle anime dopo morte2. Lo stile generale di queste pitture è piuttosto semplice, che manierato: tra il far de’ moderni e il prisco: gli animali, e massime i cavalli, vi sono ritratti più svelti e ben formati, che non le figure umane: le facce di per tutto vi sono prese in profilo: nel colorito, per lo più capriccioso a talento del colorista, si cercava un certo effetto d’armonia più che verità e bellezza: però nel totale vi si trovano motivi e mosse che additano opere migliori. Nè già queste pit-
- ↑ Plin. xxxv. 3.
- ↑ Vedi tav. lxv-lxx.