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230 CAPO XXV.

mille volte replicati, quei tanti animali, quelle atroci zuffe e ferine battaglie, espressioni tutte simboliche di un medesimo sistema d’insegnamento sacerdotale, s’appartengono non dubbiamente all’istesso ordine di idee morali: e sebbene i monumenti che poniamo per saggio davanti agli occhi non sieno tutti del medesimo tempo, nè d’uguale artifizio, non pertanto è certo, che riproducono a un modo le stesse figurate rappresentanze che il far di terra, di pietra, di bronzo effigiava nella remota età dell’arte. Tutto spira nazionalità e proprietà di costume in questi lavori: le figure collocate di profilo han quella durezza e secchezza di forme che porge la natura imitata non ancora ben diretta dall’arte; i volti sono esagerati: i capelli ora increspati, ora lunghi e prolissi alle spalle; le vesti non hanno piaghe, o minute e rettiline nel vestiario femminile; non v’ha gruppo alcuno, nè varietà di sembianze: e non di meno questi stessi lavori sì materiali piacciono per mirabil semplicità e naturalezza d’espressione. I bassi rilievi volsci in terra cotta dipinti a vari colori, i che tal era il costume della plastice antico, possono di più allegarsi come sinceri esemplari di quella vetusta maniera dell’arte italica, prima che progredisse a uno stile più metodico1. Nè in questo fatto la scuola etrusca procedè diversamente dalla greca: dove sì nella composizione, sì nella rigidezza delle fi-

  1. Vedi Becchetti, Bassi rilievi volsci: ed i nostri monum. tav. lxi.