lità rusticale de’ Marsi, e la rozza e schietta semplicità sabina. Le donne loro, sì giustamente vantate per la santità de’ coniugali e materni costumi, menavano una vita sobria ed esemplare, tutta intenta a opre villesche, ed a cure famigliari1: filare e tessere panni lani non si disdiceva neppure alle femmine di grande stato2. Già ne’ tempi vetusti o per consuetudine, o per legge, era stato vietato alle donne l’uso del vino3. La naturale temperanza degl’Itali, i cui figliuoli erano assuefatti a non bere altro che acqua, ed a contentarsi di poche pere e noci4, si riconosceva ognora nelle parche cene sabelle5: nè diversa era in prima la sobrietà delle mense ospitali convenienti a rozza onestà, ed a benigno costume. Quanto fossero i corpi duri e sofferenti lo manifesta l’uso de’ padri nostri di portare i figli pargoletti a’ fiumi, indurando con l’acqua fredda e col gelo le loro membra: d’addestrarli
- ↑ Horat. epod. od. ii. 41.; Ovid. de medic. faciei. ii. sqq.; Juvenal. vi. 163.; Martial. i. ep. 63.
- ↑ Ovid. l. c.; Juvenal. vi. 286-290. La rocca e il fuso di Tanaquilla , tosca d’origine, e moglie di Tarquinio prisco, si mostravano nel tempio di Sanco. Varro ap. Plin. viii. 48.
- ↑ Alcim. Sicul. ap. Athen. x. ii. p. 441. Secondo la mitologia, Fatua, moglie di Fauno, era stata battuta a morte per aver bevuto vino: manifesta allegoria del costume più antico. Lactant. Inst. i. 22.
- ↑ Naev. in fab. Ariolo ap. Macrob. Sat. ii. 4.; Posidon. Hist. ap. Athen. vi. 26.
- ↑ Mensa Sabella. Juvenal. iii. 169.; Fest. v. Scensa o Scesna; voce de’ Sabini per coena.