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CAPO XXIII. | 189 |
gomento della molta cura ch’ei si davano per la scoperta e l’uso delle fonti, si è l’ufficio sacro dell’aquilege toscano, che le raccoglieva per utilità del pubblico1. Massimamente poi mediante il frequente tagliare degli animali, e le perpetue osservazioni che faceano gli aruspici delle interiora, dovevano puranco volgersi allo studio dell’anatomia. E che di fatto gli Etruschi fossero in quella molto bene ammaestrati si vede manifesto pe’ lavori toscanici dell’arte del disegno, dove apparisce sì grande sfarzo di parti anatomiche; massime nelle figure d’ogni qualità animali2. Dice Plinio in oltre che ne’ libri dell’etrusca disciplina vedevansi dipinte certe specie d’uccelli pur allora incognite a tutt’altri3: fors’era questa una ornitologia sacra: animali simbolici, più che naturali.
L’astronomia de’ Caldei e degli Egizj era ben lungi dalle teoriche d’una scienza perfezionata, come si è creduto, specialmente per le ipotesi di romanzo d’alcuni moderni scrittori. Ella mostravasi piuttosto, dice il migliore istorico, una scienza in culla4. La levata
- ↑ Aquilex Tuscus: Labeo, in libris de etrusca disciplina, ap. Fulg. Planc. 4.; Varro ap. Nonium. ii. 8.; Fest. v. Aquaelicium et Manalis. L’ufficio primitivo degli aquilices (qui aquam eliciunt) degenerò di poi in una vera ciurmeria: continuatasi fino a’ nostri giorni col magico nome di bacchetta divinatoria; o più eruditamente elettricità minerale.
- ↑ Vedi tav. xlii.
- ↑ Sunt praeterea complura genera depicta in Etrusca disciplina, sed ulli non visa. x. 15.
- ↑ Delambre. Hist. de l’Astronom. ancienne. T. i. p. 13.