Pagina:Storia degli antichi popoli italiani - Vol. II.djvu/191


CAPO XXIII. 185

questo ai preti egizj1, e ad ogni altro collegio sacerdotale dell’antica età, davano grande attenzione ai fenomeni più notabili che apparivano ne’ cieli o in terra, ed erano anche obbligati per proprio ufficio tenerne registro ne’ loro annali, e trasmetterne la memoria. Qnest’uso, qualunque ne fosse la prima intenzione, doveva all’ultimo formare un corpo assai copioso di notizie positive. Nè potevasi di certo fare alla lunga una tal serie d’osservazioni fisiche senza paragonarle in tra loro, nè senza avvertire tampoco quale fenomeno si fosse più meno frequente e corrispondente ad un altro: mezzi per cui, anche a difetto di teoriche, s’otteneva all’uopo una considerata e vera conoscenza del corso della natura. Di tal maniera i libri etruschi, siccome narra Cicerone, venivano ampliati e accresciuti di continuo per giornaliere osservazioni riguardanti alla fisica generale e particolare2. Nel considerare alle meteore, ed agli effetti de’ fenomeni atmosferici per rispetto all’economia vivente della natura, badavano diligentemente i maestri tanto al corso del sole, che alle lunazioni3. Abbiamo una

  1. Plat. in Tim. p. 1043.; Strab. xvii. p. 543.
  2. Etruria autem de caelo tacta scientissime animadvertit.... quodque propter aeris crassitudinem de caelo apud eos multa fiebant, et quod ob eandem causam multa inusitata; partim e caelo, alia ex terra oriebantur, quaedam etiam ex hominum pecudumve conceptu et satu, ostentorum exercitatissimi interpretes extiterunt. De Divin. i. 41. 42. Di libri toscani pertinenti a cose naturali fa menzione Plinio. ii. 83.
  3. J. Lyd. de Ostentis. p. 90. 164. 174. 176