Pagina:Storia degli antichi popoli italiani - Vol. II.djvu/190

184 CAPO XXIII.

naturali, civili, domestici, famigliari, che potevano di fatto fisicamente o fortuitamente accadere nel corso dell’anno, dava tutti i possibili pronostici di beni e di mali1: mentre che ad accrescere e vie più confermare l’autorità di sì tanti presagi, gravemente riferiva la storia alcuni grandi avvenimenti che sonosi trovati conformi alle predizioni degli aruspici2. Così nell’animo de’ timorosi più maggiormente si fortificava il domma non poter derivare all’uomo bene veruno, nè lume di sapienza, fuorchè dall’investigabil profondo della sola divinità3. In secoli ancora pieni di religione questo gran domma etrusco era la voce dei savi; ma di troppo ne abusava la classe insegnatrice e dominante: perciocchè in volgendo a suo senno i timori della moltitudine, quasi rinascenti capi dell’idra, ella tirava pur sempre a reprimere, anche per distorte vie, la libertà dello spirito, sorgente d’ogni ragionevole e generoso sentimento.

I preti etruschi, come i pontefici romani, simili in

  1. Diarium Tonitruale (particolare di Roma) juxta lunam, secundum P. Nigidium Figulum, ex scriptis Tagetis. ap. Lyd. p. 100-154. Tonitruale, ex scriptis Fonteii. Fragm. idem p. 156 sqq. Altri pronostici davano i terremoti, idem pag. 186-200 ex Vicellio e Tagae carminibus.
  2. Liv. xxv. 26.; Sallust. Iug. 63.; Tacit. Hist. i. 27.; Svet. Caes. 81, Galb. 19.; Dio. xliv. 18.
  3. Nam cum omnia ad Deum referant, in ea sunt opinione tamquam non quia facta sunt significent, sed quia significatura sunt, fiant. Senec. Quaest. nat. ii. 45.