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CAPO XXIII. | 179 |
formità d’istituti. Ma, sì per le dure sorti della nazione, sì per il cangiato costume, la dottrina etrusca primitiva non era più la stessa già nel quinto o sesto secolo; anzi, atteso massimamente la decadenza del sacerdozio, di mano in mano ella s’andava alterando, quanto almeno per le medesime cagioni si trasformava o cangiava, come vedemmo di sopra, la mitologia. Rara in prima era la scrittura: il sapere di pochi: quindi è che per mostrare al popolo imperito il compiuto corso dell’anno civile, soleva il magistrato configgere il chiodo annale nelle pareti del tempio della dea Norzia in Volsinio1; o sia la Fortuna arbitra ella stessa del tempo. Il qual uso volgare d’adoperare i chiodi per segni numerali serbavasi di consuetudine fra la gente di contado nei primi secoli di Roma2.
Or, quantunque non possa studiarsi la prima filosofia degli Etruschi che in pochi o alterati documenti, pure ottimamente si conosce, che in tutto la scienza loro speculativa ebbe un senso grave, morale, filosofico, divinatorio e simbolico3. Nè con manco
- ↑ Cincius Alim. ap. Liv. vii. 3. Clavum, quia rarae per ea tempora literae erant, notam numeri annorum fuisse ferunt. — Festus, v. Clavus annalis.
- ↑ Petron. Satyr. 135.
- ↑ Idque allegoriis lege sacrorum velatum fuit: ncque enim dilucide rerum divinarum disciplina propter profanos, sed modo fabulis, modo parabolis, involuta traditur, J. Lydus de Ostentis. p. 13.