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CAPO XXIII. 175

mondo. Lo stesso domma, che qui abbreviamo, passò del pari in Etruria, e vi divenne uno de’ più gravi argomenti della scienza teologica divinatrice. Poichè dicevano gli aruspici doversi rinnovare otto generazioni d’uomini di vita e di costumi diversi: che ciascuna mutazione era stata decretata da dio in uno spazio di tempo definito secondo il circolo dell’anno magno: in fine che il passaggio d’una in altra età novella si manifestava all’universale con segni, presagi, e miracoli grandissimi, nunzianti total rivoluzione di stato e di costumi1. Qual si fosse il ciclo dell’anno magno toscano è stato più volte investigato dagli eruditi con più di zelo e dottrina, che buon frutto2. Forse i sacerdoti contemplavano il periodo astronomico del ritorno di tutti i pianeti al medesimo punto del zodiaco3: o piuttosto essi stessi non s’allontanavano molto dall’ipotesi del ciclo canicolare egizio, detto pure anno magno, o anno divino, e

  1. Espone Plutarco, per occasione d’un prodigio successo al tempo di Silla, questa dottrina degli Etruschi, secondo ciò, che ne dicevano gli aruspici stessi dell’Etruria. E similmente Dione Cassio (in excerpt. Vat. T. ii. pag. 548), copiato da Suida v. Σύλλας. I rituali etruschi facevano pure menzione di miracoli indicanti nuove età. Censorin. 17.
  2. Bruckero, Freret, Canovai, Lampredi, Orioli, e non pochi altri.
  3. Cicerone nell’Ortensio esponeva forse la dottrina etrusca, dicendovi ritornare l’anno magno colla medesima positura del cielo e delle stelle ogni 12954 anni. Auct. de caussis corr. eloq. 16.; Serv. i. 269.; Cicer. in Somn. Scip. 15.