gine vi stava associato con quelli della patria1. Non però di meno già nel corso del secolo antecedente erano passate privatamente nella città nuove maniere di religioni e culti alieni2: per tal modo che al tempo della seconda guerra punica, dice Livio, non più facevasi nè in segreto, nè in pubblico, alcun prego o sacrifizio al modo antico, ma solamente all’usanza forestiera3. Similmente in Etruria sembra che non prima degli ultimi periodi della gente la religione prisca vi si mutasse dall’esser suo allo scoperto, piegando anch’ella più o meno alle attrattive dell’epopea. Di che sono certissima pruova la patere già di sopra mentovate più volte scritte e istoriate, che possono credersi tutt’al più lavoro del sesto secolo. Per esse abbiamo meglio che per altri monumenti rappresentate buon numero di deità e di miti propriamente greci, dove gli artefici, tenendo dietro all’uso, e fors’anco al precetto, apposero i nomi degl’iddii medesimi dell’Etruria: onde, tutte volte che figuravano l’Athene greca, scrissero Menerva: Tina per Giove: Sethlans per Vulcano4. Il che pare non voglia inferire altro, se non che gli Etruschi religiosissimi, seguitando i Greci nella mitologia, ne presero la superficie, anzichè la sostanza. E se ben si mira
- ↑ Jane, Jupiter, Mars pater, Qurine, Bellona, Lares, Dii novensiles, Dii indigetes etc. Liv. viii. 9.
- ↑ Dionys. x. 53.; Liv. ix. 30.
- ↑ Liv. xxv. 1.
- ↑ Vedi Tav. xlvii-l.