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154 | CAPO XXII. |
pale una compagnia di fratelli Ateriati ministri di altri riti1. Nè meno antico, o men saviamente instituito presso a ciascun popolo italico era il collegio dei Feciali, che avea per capo il Patre Patrato: e di quanto bene fosse cagione alla città questo santissimo Sacerdozio2, sì nel regolare il modo di denunziar la guerra ad altro popolo, sì nel santificare i patti giurati, abbiam toccato innanzi.
Per tali e tanti ausiliatori, e aiuti e conforti di religione, ben si comprende quanto gagliardamente operasse in sugli animi lo statuito governo. La teocrazia in fatti è la più durevole costituzione che conoschiamo. Ella sussiste tutt’ora nell’Indie come al tempo antico: in Egitto non potè estirparla nè pure il dominio forestiero: e di qual permanente vigore sia cotal legge l’attesta a un modo l’istoria del popolo ebreo. Ma severa, rigorosa, immutabile ne’ suoi comandamenti è altresì per natura ogni potestà fondata nella teocrazia. E tal fu anche il reggimento dell’aristocrazia sacerdotale in Italia. Dove la legge sacra inesorabile non pure guerniva l’animo a sostenere ogni più ardua fatica, ma senza rispetti umani, esigeva da ciascuno anche il sacrifizio della vita tutte volte che il bisogno lo richiedesse. I terribili apparati di religione, e l’esecrande formule d’imprecazione, che in rischiosi frangenti ponean dinanzi al popolo i ministri