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146 CAPO XXII.

i sacerdoti miravano a correggere col loro ministerio il principale difetto della costituzione politica federale, priva di forti legami, isforzando l’universale di adempiere per tema di religione i doveri comuni del patto civile ad ogni grave rischio della patria. Così in tutte l’altre cose pubbliche i ministri del culto organi della voce divina, e in un della politica umana, validamente servivano alle mire dell’ordine dominante, di cui essi stessi erano membri: nè altri responsi davano per certo se non quelli che meglio si convenivano al bisogno del momento, all’utile proprio, ed alle occorrenze del comune1. Nè solamente eglino usavano all’uopo artificiose parole, ma s’adoperavano ancora a tempo e luogo attivamente con la persona, siccome fecero quei sacerdoti tarquiniesi, eccitatori di guerra, che nel 399 si posero alla testa delle milizie, lanciando contro a’ nemici spaventevoli fiamme sotto divisa di spiriti infernali2: stratagemma che oltre a questo fa intendere aver dessi avuto il segreto d’alcuna composizione artefatta di fuoco offensivo, messo in opra per altro frangente di guerra anche dai Fidenati3. Laonde se tanto operarono nella città, e tanto potevano realmente i preti sopra l’immaginazione e il cuore dei popoli, non è da maravigliarsi che avessero altresì possanza di raffrenarli

  1. Ciò sopra tutto è manifesto per la scaltra orazione di Cicerone de Haruspicum responsis.
  2. Liv. vii. 17.; Flor. i. 12.; Frontin. Strat. ii. 4. 18.
  3. Liv. iv. 33.; Frontin. ii. 4. 19.