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130 CAPO XXII.

tra tanti dei paterni. È vero che alcune patere di bassa età porgono figurato e nominato quel dio; ma soltanto con voce grecizzata Aplu; anzichè con titolo proprio e sacerdotale, come son tutti gli altri. Giove, Bacco, Vulcano, Minerva, o qualunque siasi deità rappresentatavi del greco Olimpo. Argomento, come parmi, molto valente contro all’opinione, che direttamente dai Pelasghi dell’antica Ellade vorrebbe dapprima qua recate in Italia le sacre dottrine. Qui torna benedire schiettamente che a malgrado di tante stitiche e stiracchiate etimologie poste in mezzo dagl’interpetri qual documento dell’origine, i titoli divini degli Etruschi finora cogniti non sono quelli de’ Greci vetusti1. E noi stessi mostreremo più sotto che tardi bene i miti ellenici ebbero accoglienza e grido tra noi, e unicamente per la forza di quelle inevitabili mutazioni, cui van soggette tutte le cose sottoposte all’impero dell’opinione. Ma comunque ciò si fosse in principio, quel corpo di religiose tradizioni, toccate di sopra, che comprendiamo sotto il nome generale di mitologia, era stato per certo di secolo in secolo accresciuto, ampliato e nobilitato, per la sapienza d’un sacerdozio unito d’intenzioni, e fortemente costituito. In guisa che rivestite le cose tutte dei simboli della

  1. Non ignoriamo già per quali apocope, sincopi, protesi, aferesi e metatesi, quelle voci si van riducendo dagli spositori a tema greco; di che pochi si appagano. Bene diceva Cicerone a questo proposito; nullum erit nomen quod non possis una litera explicare. de nat. Deor. iii. 24.