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CAPO XXII. 121

o altra simile dea1. Ma chi potrebbe particolarizzare le divinità tutte e coltivate e venerate in Sabina, donde buon numero di quelle passarono in Roma coll'istessa uficiatura sabina? Divinità sì tanto speciali e nostrali, che Dionisio dovè concedere esser troppo malagevole trasportare i nomi loro individuali in lingua greca2. Più universale bensì non solo tra i Sabini, ma presso tutti i popoli di pari stirpe sabella, erasi il culto di Mamers, o Marte, tremendo iddio della guerra3, cui davasi per moglie e per compagna Neriene, o sia la forza4. Ma con senso più assai misterioso Summano, o Sorano5, dio padre, era per esso loro il signor delle regioni inferiori, onorato al pari di Giove: e ministro della morte Februu, reo spirito delle tenebre, a placare il quale ponevasi in opra al debito tempo ogni sorta di purificazione e d’espiazione6. La religione di Bacco, ed i suoi misteri, erano altresì propagati nella Sabina col senso mistico, e col popolare. Per emblema della fecondità della terra, della potenza vegetativa, e in tutto della forza riproduttiva della natura, il Fallo vi si

  1. Varro ap. Gell. xiii. 22.
  2. Καὶ ἄλλοις θεοῖς ὧν χαλεπὸν ἐξειπεῖν Ἑλλάδι γλώττῃ τὰ ὀνόματα. II, 50.
  3. Varro l. l. iv. 10.; Festus v. Mamers.; Ovid. Fast. iii. 85. sqq.
  4. Gell. xiii. 21.; Martian. Capell. i. 3.
  5. Serv. xi. 785.
  6. Varro l. l. v. 3.; J. Lyd. de Mens. p. 172.; Ovid. Fast. ii. 19. sqq.; Censorin. 2.