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CAPO XXII. 119

motrici, e ministri assistenti all’ordine dell’universo. Ma il culto palese di Giove Lucezio fra i Sabini stessi e gli Osci1, mostra bene che molto riferivano alla venerazione degli astri, tenendo in petto quella propria scienza sacerdotale, che faceva della luce increata il principio di tutte le cose. Onde Varrone2, e insieme Dionisio d’Alicarnasso3, credevano senz’altro che adorassero il sole e la luna. La mitologia dei Sabini contava bensì un numero grandissimo di dei superiori ed inferiori: nè senza ragione quel popolo era tenuto in concetto di religiosissimo fra le genti prische. Onoravano un Giove Cacuno, o vogliam dire adorato sopra le cime supreme dei monti4: culto bene appropriato allo stato del montanaro, che nei luoghi sublimi può a tutt’ore contemplare la maestosa grandezza della natura. E forse nella prima semplicità sabina coltivavasi quel sommo iddio così senza immagine e senza tempio, a cielo aperto. Giunone Curiti, cioè a dire astata, e Minerva, titolo che Varrone vuole sabino5, ricevevano ambedue sovrani onori. Per antichità di re-

  1. Sane lingua osca Lucetius est Juppiter dictus, a luce quam praestare dicitur hominibus. Serv. ix. 570.; J. Lyd. de Mens. p. 250.
  2. l. l. iv. 18.
  3. ii. 50.
  4. Jovis Cacunus: mentovato più particolarmente qual dio locale in un grosso macigno trovato sul monte di Pietra Demone: il più alto giogo della Sabina.
  5. Minerva a Sabineis. Varro l. l. iv. 10